La sicurezza dei dipendenti in trasferta dovrebbe essere una priorità assoluta per ogni azienda. Un incidente o un evento avverso non solo hanno un impatto significativo sulla vita delle persone coinvolte, ma possono anche causare gravi danni reputazionali e finanziari all'azienda. Ribadire che il contesto geopolitico attuale è caratterizzato da instabilità e incertezza potrebbe suonare pleonastico, ma la rapidità con la quale gli scenari si modificano ha reso la gestione del rischio trasferta una sfida sempre più complessa ed in continua evoluzione: l’instabilità politica determinata dalle realtà in divenire, si pensi a Ucraina, Medio Oriente, Georgia, Corea del Sud, Siria, per citare degli esempi; l’incremento del rischio terrorismo internazionale, legato a doppio filo all’instabilità politica; i disastri naturali, così frequenti ormai in alcune aree del mondo da spingere la Spagna, ad esempio, ad introdurre il “congedo climatico retribuito”.
Oggi più che mai, per gestire efficacemente il rischio trasferta, è fondamentale uscire da dinamiche standardizzate ed unicamente orientate alla mera compliance. Dinamiche queste, che portano spesso a condividere asetticamente “schede Paese”, per quanto complete e dettagliate, prive di ogni sorta di personalizzazione. Se la destinazione costituisce senza dubbio elemento principale della valutazione, da sola fotografa probabilmente uno scenario incompleto. Fattori quali durata della trasferta, attività da svolgere, profilo del viaggiatore possono avere un impatto determinante nella valutazione dei rischi specifici. Le schede Paese vengono aggiornate con una frequenza sempre maggiore, ed un documento condiviso una tantum, a fronte di una trasferta della durata di un semestre, tanto per fare un esempio, rischia di essere fuorviante o di trasmettere informazioni presto obsolete. Parimenti, una trasferta itinerante con scopi commerciali espone a rischi diversi da una trasferta operativa che si svolge unicamente in uffici della propria azienda all’estero. Giusto un paio di esempi che mostrano le geometrie variabili delle trasferte e delle insidie che possono celare, così come la necessità di tenere un contatto vivo e costante con i dipendenti che vanno in giro per un mondo complesso e frenetico.
Possiamo davvero essere certi che le mail informative che mandiamo ai viaggiatori, senza ponderare le diversità dei profili siano abbastanza se lo scopo è quello di tutelare i dipendenti in trasferta all’estero che il datore di lavoro è tenuto a fornire? Siamo sicuri che, in caso di incidente grave, non ci si debba trovare a dover rispondere per la negligenza per non aver valutato nel dettaglio il profilo del viaggiatore e non solo quello del viaggio?
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