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Capire i doveri per difendere i diritti.

di Carlo Stracquadaneo


L'importante Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, promulgata dall'ONU nel 1948 riguarda solo marginalmente i minori. Solo nel 1959 venne approvata una Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, dove comparì il riferimento ai diritti del minore a realizzare le proprie potenzialità, tra cui per la prima volta i diritti all'educazione e all'istruzione. Venne anche introdotto il concetto del "superiore interesse del fanciullo", fondando un nuovo principio che doveva fare da guida per le decisioni e i comportamenti di "coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento". La Dichiarazione del 1959 naufragò perché in essa prevaleva una prospettiva 'paternalistica', rivolta non tanto ad individuare diritti ma figure che dovevano occuparsi dei minori: genitori, familiari, insegnanti, assistenti sociali, medici e così via. Questo atteggiamento era causato non da disinteresse nei confronti del benessere dei minori, ma si pensava che questa fosse la via migliore per conseguirlo. Resta il fatto che in un mondo che riconosceva sfere sempre più articolate di diritti umani, i diritti del minore restavano non trattati.


La Convenzione del 1989

I diritti dei minori sono stati riconosciuti solennemente nel 1989 dall'ONU con la Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1989 e poi sottoscritta da quasi tutti i paesi del mondo (dall'Italia nel 1991), essa riguarda i diritti di "ogni essere umano al di sotto del 18° anno di età", cioè il dovere delle società evolute e pacifiche di attribuire ai minori diritti legali (di protezione, assistenza, partecipazione) per tutelarli, favorirne il benessere, promuoverne la partecipazione e la cittadinanza sociale.

Si tratta di obiettivi diversi, a volte difficili da mediare nella pratica, anche perché è tutt'altro che facile rendere concreti principi generali e astratti, conciliando culture e sensibilità diverse persino nel contesto di un medesimo continente. Però il valore della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia è forte e rivoluzionario: si vogliono dare diritti a chi non ne aveva e potere a chi ne era privo, affinché ciascuno possa realizzare i propri interessi e soddisfare i propri bisogni. Tuttavia mentre la Convenzione garantisce il principio di autonomia a bambini e adolescenti, nella società si cerca di tutelarli e di accrescerne il benessere attraverso misure di protezione realizzate da adulti. Sono quindi presenti due principi apparentemente contraddittori, si tratta di due punti di vista diversi, entrambi validi, attraverso cui guardare ai minorenni e la loro stessa diversità si adatta bene alla complicata e ambivalente rappresentazione dell'infanzia propria della nostra epoca.


Le ‘3 P’

I diritti con i quali la Convenzione ONU del 1989 cerca di rispondere ai bisogni e necessità dei minorenni sono riassumibili nella formula delle '3 P', cioè delle iniziali dei termini inglesi protection, provision, participation ("protezione, assistenza, partecipazione"). La prospettiva più innovativa è certamente quella della partecipazione. In questo ambito, infatti, emerge l'obiettivo di dare ai minori la possibilità di essere presenti nel sociale come soggetti capaci di far conoscere agli adulti la propria interpretazione del mondo, di esprimersi liberamente e di ottenere rispetto per le proprie opinioni.


Doveri e responsabilità

Dopo tanto parlare di diritti, forse a qualcuno nasce una curiosità: ma di doveri e di responsabilità non si parla mai? Eppure, i diritti non possono essere separati dalle nostre responsabilità e dai nostri doveri verso gli altri.

La Convenzione delle Nazioni Unite esprime il punto di vista dei diritti, ma non possiamo dimenticare che esiste anche la prospettiva dei doveri. Tutte le relazioni e tutte le comunità, i gruppi e le istituzioni funzionano se ciascuno si comporta in modo responsabile verso gli altri e collabora con il gruppo cui appartiene. Sia che si tratti di relazioni di affetto, di amicizia, o di amore, sia che parliamo di una scuola, una squadra sportiva, un'azienda o uno Stato, abbiamo sempre dei doveri verso gli altri e verso il gruppo cui apparteniamo (e viceversa). In un certo senso, possiamo dire che i doveri sono l'altra faccia dei diritti.

In questo campo si inquadra l’iniziativa della Scuola Internazionale di Etica e Sicurezza con il progetto ‘Heroes 4 Crisis Kids’ ispirato alla promozione di una nuova cultura dell’emergenza nell'infanzia. La volontà è quella di favorire una crescita consapevole dei minori nella direzione di una partecipazione attiva nel proprio contesto sociale, anche durante un’emergenza, nella convinzione che la comunità sociale possa trarre un arricchimento dall'apporto dei non adulti. Attraverso la metafora dei super eroi i bambini potranno fare esperienza circa differenti emergenze e/o stati di crisi che potranno affrontare con maggiori strumenti e conoscenze personali. È in questo senso, secondo noi, che si parla di ‘cittadinanza’ dei minori, partendo dal fornire loro i metodi di partecipazione alla vita della propria comunità nei momenti di emergenza.



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