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Immagine del redattorePaola Guerra

Fine della Pheic, siamo pronti?

Ci dicono che la Pandemia è finita, che possiamo chiudere un capitolo dell’umanità che ci ha fatto male, che ha portato sofferenza e stanchezza. Un periodo di grande difficoltà che abbiamo passato e che ha cucito su di noi, in modo sartoriale, un abito che non eravamo pronti ad indossare, ma che ora che abbiamo saputo tesserlo, con i giusti ritocchi, potrà rivelarsi comodo e in grado di coprirci qualora arrivasse, nuovamente, un freddo inaspettato.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe presto ufficializzare la fine della pandemia, sembra entro il 2023. Il numero di decessi settimanali segnalati è inferiore al periodo in cui nemmeno si usava il termine ‘pandemia’. Finisce la Pheic (emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale). Le ultime varianti Omicron non preoccupano più.

Tecnicamente l’OMS può dichiarare la fine di una pandemia quando per più di 40 giorni non ci sono focolai allarmanti nella maggior parte dei paesi del mondo. Ci siamo quasi, la data è molto vicina.


Sta a noi adesso non dimenticare. Come in tutte le situazioni traumatiche il desiderio è quello di voltare pagina e ritrovare la serenità, ma sarà importante farlo sulla base delle tante lessons learned. Dovremo ricordaci, come in tutte le emergenze e le situazioni critiche, di essere capaci di leggere i segnali deboli, ma soprattutto dovremo essere sempre pronti alla reazione tempestiva grazie a piani di intervento aggiornati sui quali ci esercitiamo e ci teniamo allenati. Nulla capiterà ancora come è già capitato, qualcosa ci sarà famigliare, ma i cigni neri torneranno a dirci che anche il ‘worst case’ doveva essere previsto, il più delle volte ne avevamo i mezzi. Abbiamo imparato a comunicare in modo nuovo e diverso, trasparente, immediato e ad attivare collaborazioni interfunzionali per studiare le situazioni e intervenire con azioni concrete ed efficaci, è una nuova competenza da tenere in grande evidenza. Abbiamo accelerato il processo di innovation come non ci saremmo mai aspettati, perché la tecnologia possa arrivare dove noi, a volte, non arriviamo.

Infine, siamo tornati al Noi più autentico, scoprendo l’importanza del benessere e della semplicità e la qualità delle piccole cose. Resilienti e solidali, abbiamo imparato ad occuparci del benessere psico-fisico e a prenderci cura gli uni degli altri.


Più di ogni altra cosa abbiamo fatto un bagno di umiltà, abbiamo riscoperto la nostra fragilità nella cornice complessa nella quale l’umanità è inserita. Non siamo in grado di affrontare tutto e di vincere ogni battaglia, l’ecosistema in cui ci troviamo è più potente e più evoluto di noi. Come ci insegna la storia delle emergenze, raramente le epidemie sono casuali, perché sempre collegate alle vulnerabilità che l’uomo stesso crea nel suo relazionarsi all’ambiente. Ormai sappiamo che il Coronavirus si è presentato quando avevamo tutti gli elementi per riconoscerlo e contrastarlo, sa va sans dire.


Abbiamo perso alcune battaglie, importanti e dolorose, ora abbiamo l’occasione di vincere la guerra creando uno straordinario contesto di pace e armonia, dentro di noi, in relazione agli altri, ma anche e soprattutto in relazione all’ambiente. I volumi scritti sulla pandemia di Covid-19 rimarranno in evidenza sugli scaffali della biblioteca del genere umano, pronti per essere riletti e sottolineati, tradotti in ogni lingua e raccontati in ogni scuola a quelle future generazioni che avranno il compito di impugnare la pace per vincere la guerra.


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