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Sara Marantonio

SPERANZA: Funamboli sul mondo in crisi

Gli ultimi anni per l’umanità sono stati come un aspro ed inospitale suolo, ma anche nelle condizioni più estreme teneri germogli dalle verdi foglie vengono alla luce. È da questa inestinguibile volontà di vivere del mondo vegetale che la speranza trae il suo colore, dal verde delle piante: verde speranza.


Nel mondo ebraico antico, speranza era indicata con la parola Tiqvà (תִּקְוָה), dal verbo Kavvà (ק ו ה ) “sperare”, che indica la corda tesa. La tensione è possibile solo nel momento in cui ai due capi della corda si trova qualcosa, in questo caso da un lato l’individuo, dall’altro una realtà. Simile è stata la concezione di Snyder, padre della “Hope Theory” che ha posto come requisito necessario, per parlare di speranza, la presenza di un obiettivo specifico, qualcosa di reale che si vuole raggiungere. Ma non basta, perché basilari sono anche due altri fattori che Snyder chiama “willpower” e “waypower”. “Willpower” è la forza di volontà che ci spinge verso l’obiettivo, è l’energia, la fiducia che l’obiettivo sia raggiungibile. È l’elemento che mette in tensione la corda. “Waypower” è il saper disegnare strade, tracciare percorsi per raggiungere ciò che si vuole. È la capacità di riuscire a camminare sulla corda tesa. Ed ecco che quando speriamo diveniamo funamboli che camminano sopra il mondo, spostando un piede avanti all’altro, in un delicatissimo equilibrio verso ciò che per la nostra mente è già reale.


È nei momenti più ardui, quando tutto sembra perduto, che la speranza assume un ruolo di preminenza, infatti si dice “la speranza è l’ultima a morire”. Invero in diversi studi scientifici, quali quelli sull’uragano Katrina, questa risorsa si è dimostrata essere uno scudo contro gli eventi avversi, proteggendo la salute psicologica delle persone. Anche lo studio condotto dalla nostra azienda ha messo in luce l’importanza della speranza nell’attutire gli effetti nocivi del Covid sul benessere psicologico e sullo stress durante il periodo Pandemico, particolarmente difficile per tutti noi.


Anche nei periodi più tranquilli questa risorsa ci viene in aiuto consentendo di ottenere migliori prestazioni in ambito sia accademico che sportivo, procurando dunque benessere fisico e psicologico. Non solo, anche le relazioni interpersonali sono più soddisfacenti per le persone speranzose.


In ambito lavorativo il suo contributo della speranza è fondamentale: una meta-analisi del 2013 ha collezionato i dati di 11000 impiegati dimostrando un’associazione significativa tra speranza e performance lavorativa: più si è speranzosi più la performance lavorativa aumenta.


Ma con la speranza si nasce oppure si è una potenzialità che si apprende? In generale sono la genetica e il modo in cui si è stati cresciuti che ci fanno essere più o meno speranzosi, tuttavia, anche da adulti è possibile incrementare questa risorsa.


In definitiva, tendendo speranze su cui rimanere in equilibrio mentre il mondo sotto di noi si dibatte, siamo in grado di attraversare le difficoltà più profonde; imparare ad essere speranzosi è avere funi più lunghe per superare precipizi più ampi.


Cherry, K. E., Sampson, L., Galea, S., Marks, L. D., Nezat, P. F., Baudoin, K. H., & Lyon, B. A. (2017). Optimism and hope after multiple disasters: Relationships to health-related quality of life. Journal of loss and trauma, 22(1), 61-76.

Rand, K. L., & Cheavens, J. S. (2009). Hope theory. Oxford handbook of positive psychology, 2, 323-333.

Reichard, R. J., Avey, J. B., Lopez, S., & Dollwet, M. (2013). Having the will and finding the way: A review and meta-analysis of hope at work. The Journal of Positive Psychology, 8(4), 292-304.

Snyder, C. R. (1994). The psychology of hope: You can get there from here. Simon and Schuster.

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