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Tornare in ufficio dopo una pandemia e durante una guerra

Il 31 marzo 2022 è la data in cui scadrà ufficialmente lo stato di emergenza da Covid-19. Ciò comporta che tutta una serie di misure di sicurezza, che per due anni hanno governato la nostra vita quotidiana, sia privata che lavorativa, cadranno. Ma per molti italiani, chi più chi meno, questo rappresenterà anche il momento del ritorno, a tutti gli effetti, in ufficio. Dopo le diuturne fatiche iniziali, abbiamo ormai quasi tutti preso confidenza con le tecnologie del lavoro agile e, soprattutto, ne abbiamo assaporato i benefici, ritrovando pian piano quel delicato equilibrio tra lavoro, famiglia, hobby personali e impegni di qualsivoglia natura. Certo, non abbandoneremo dall’oggi al domani il comfort del lavoro da casa, né è pensabile che ciò avverrà sul lungo termine. Tuttavia, le modalità di rientro sono ancora poco chiare e, forse, molte aziende non si sono interrogate né organizzate su come gestire in modo gentile il rientro delle proprie persone nel luogo di lavoro. Richiamare il concetto di gentilezza è qui tutt’altro che casuale. Facciamo una panoramica della situazione: stiamo per uscire (solo formalmente!) da una pandemia durata due anni, durante i quali, oltre a pre- occuparci di proteggerci dal virus, abbiamo visto imprese fallire e posti di lavoro tagliati; nel frattempo è scoppiata la guerra in Ucraina, guerra che rischia di trasformarsi in un conflitto mondiale, se il buon senso non prenderà presto il posto della follia; una centrale nucleare (Chernobyl) in balia delle forniture energetiche che rischiano di comprometterne i sistemi di raffreddamento con effetti potenzialmente catastrofici che coinvolgerebbero tutta l’Europa; una crisi economica che sta già pesando drasticamente sulla vita di molte persone e imprenditori. In tutto questo, ci chiedono di tornare in ufficio. Potrebbe sembrare una banalità, ma è una rottura di una stabilità che molti avevano costruito con fatica. E al nostro organismo i cambiamenti non piacciono proprio, perché richiedono grandi sforzi di adattamento, sia fisici che psicologici.


Come stanno le persone? Come stanno fisicamente, psicologicamente, emotivamente? Non è scontato chiederlo considerando l’attuale scenario. Il rischio è quello di sopravvalutare i tempi di recupero e la resilienza delle persone. In due anni, abbiamo dovuto fronteggiare un numero di stressors (fattori che generano stress) straordinario, in termini di intensità e di frequenza. Abbiamo vissuto nell’incertezza, nella paura; abbiamo affrontato le nostre fragilità e insicurezze spesso da soli, per lo più parlando con qualcuno al di là di un monitor; abbiamo dovuto nascondere le nostre emozioni sotto una mascherina e ci siamo dovuti privare del calore di una abbraccio o di una stretta di mano.


L’agenzia Gallup, nel suo report del 2021 State of the Global Workplace, ha messo in luce che il 45% delle persone ritiene che la propria vita è stata influenzata "molto" dalla situazione del coronavirus; solo in un anno, dal 2019 al 2020, il Work Engagement (un costrutto importante legato al benessere organizzativo) è calato di due punti percentuali, dopo un aumento lento, ma costante, nell’ultimo decennio; ciò che è più sorprendente e preoccupante è che lo stress dei lavoratori ha raggiunto un livello record, aumentando dal 38% nel 2019 al 43% nel 2020. E non abbiamo ancora i dati relativi al 2021. Gli effetti immediati di tutto questo si sono ad esempio manifestati nel fenomeno delle “Grandi dimissioni” (The Great Resignantion) che ha visto un numero senza precedenti di persone - per lo più giovani tra i 30 e i 45 anni - che ha scelto di lasciare il proprio lavoro, volontariamente.


L’essere umano ha un grande vantaggio, che è anche il suo più grande difetto: impara ad abituarsi a tutto. Questa volta sembra che molti abbiamo rifiutato di abituarsi a situazioni che soffocavano, forse, la loro libertà, la loro intraprendenza, i loro sogni, le loro emozioni, il loro benessere. Ecco perché è quanto mai opportuno parlare di gentilezza e ripensare ad approcci manageriali gentili e a stili di leadership che promuovano l’engagement dei lavoratori e il loro benessere.


Come possono le aziende favorire il rientro in ufficio dei propri dipendenti riducendo i livelli di stress e non perdere altri dipendenti? Un’azione semplice, ma efficace, è l’ascolto: raccogliere le percezioni dei lavoratori e conoscere i loro sentimenti è il primo passo per comprendere i loro bisogni e riuscire a capire come rispondere per soddisfare tali bisogni.


Solo imparando il valore della gentilezza le organizzazioni potranno prosperare nell’incertezza che caratterizzerà il futuro e governare l’inatteso.


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