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Rischi e sicurezza nelle trasferte all’esterotra obblighi di legge e vantaggi competitivi

La crescente complessità e incertezza del panorama internazionale rende le trasferte di lavoro all'estero un’attività critica per molte aziende. Ogni viaggio comporta infatti una serie di rischi - naturali, criminali, sanitari, accidentali, sociali, informatici - che non possono essere trascurati. Nel 2024 c'è stato un aumento significativo dell’attenzione su questo tema da parte delle aziende italiane per ottemperare agli obblighi di legge che impongono di garantire la tutela dei dipendenti durante le trasferte di lavoro.


La responsabilità delle aziende in materia di sicurezza nelle trasferte all’estero 

Alcuni casi giudiziari hanno rappresentato un punto di svolta nella percezione della responsabilità aziendale: emblematico è il caso della sentenza Bonatti, relativa al rapimento di quattro dipendenti in trasferta in Libia nel 2015 e alla successiva uccisione di due di loro. Tale sentenza ha sancito, per la prima volta in Italia, la responsabilità penale di membri del Consiglio di Amministrazione per la mancata adozione di adeguate misure di tutela nei confronti dei propri dipendenti. Questo evento ha evidenziato un principio essenziale: la sicurezza dei lavoratori in trasferta non rappresenta soltanto un obbligo etico, ma costituisce un preciso dovere giuridico.

Gli obblighi normativi in materia di Travel Risk Management sono chiari: la Costituzione, il Codice Civile e il Codice Penale attribuiscono al datore di lavoro la responsabilità della salute e sicurezza dei dipendenti, integrata da normative specifiche come il D.Lgs. 81/08, che impone la valutazione dei rischi di trasferta (art. 28) e l’obbligo di informare (art. 36) e formare (art. 37) i dipendenti. Il D.Lgs. 231/01 rafforza inoltre questo quadro prevedendo sanzioni per la mancata adozione di adeguati modelli di gestione del rischio. 


Come valutare e gestire i rischi? E quale modello adottare?

Ci viene in aiuto il Travel Risk Management, ossia il processo aziendale necessario ad anticipare, prevenire e gestire i rischi che i viaggiatori potrebbero incontrare in trasferta. Ciò si concretizza nella costruzione di una metodologia proprietaria di valutazione e gestione integrata del rischio.  Questo è un passaggio fondamentale: molti, infatti, si affidano esclusivamente a fonti aperte e analisi della Farnesina che forniscono le cosiddette “Schede Paese” pensando così di aver assolto alle proprie responsabilità. La normativa però specifica inequivocabilmente che la valutazione del rischio e la produzione del DVR è un obbligo non delegabile del datore di lavoro. 


La valutazione del «rischio Paese» è quindi solo il primo step perché non tiene conto della rischiosità specifica della trasferta, in relazione alla salute e sicurezza della persona che viaggia: è necessario considerare anche le specificità della trasferta, come frequenza e durata, e le caratteristiche del viaggiatore, tra cui ad esempio, genere, età, ruolo aziendale. 


Oltre la conformità: la sicurezza come vantaggio competitivo

Garantire la sicurezza nelle trasferte all’estero non è solo un obbligo normativo, ma un fattore strategico che incide direttamente sulla continuità operativa e sulla reputazione aziendale. Un’adeguata gestione del rischio consente di ridurre le vulnerabilità, migliorare la reattività alle emergenze e rafforzare la fiducia dei dipendenti, che si sentiranno tutelati e valorizzati.

Adottare un modello strutturato di Travel Risk Management significa, quindi, passare da un approccio reattivo a uno preventivo, integrando strumenti di analisi avanzata, protocolli di sicurezza personalizzati e una formazione mirata per il personale in trasferta. Un’azienda che investe nella sicurezza dei suoi dipendenti non solo ottempera agli obblighi di legge, ma dimostra responsabilità e lungimiranza, distinguendosi nel mercato globale.

 
 
 

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