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Un'opportunità per la Parità di Genere

L’attuale emergenza pandemica ha rimesso in luce gli equilibri sociali evidenziando delle differenze di genere già esistenti ed in gran parte conosciute nella nostra società.

La cultura dominante nel nostro Paese, in cui esistono ancora stereotipi molto radicati sui ruoli di genere, rischia di rinforzarsi a causa delle misure restrittive dovute al lockdown.

Carichi di lavoro domestico non retribuiti, gioco di equilibrio tra lavoro e vita familiare, discriminazione sul lavoro e accesso limitato al mercato del lavoro sono tra le questioni più delicate che il genere femminile sta attualmente vivendo.


Ora, in situazioni di normalità il genere femminile si trova ad affrontare quotidianamente un accumulo di compiti diversi. Il cosiddetto “multitasking”, ovvero il compiere più compiti contemporaneamente, è notoriamente una capacità più diffusa nel genere femminile e in questo periodo storico è più che mai emersa. Ricordiamo però che il fenomeno del multitasking gioca su due livelli, uno a breve termine come abbiamo visto, ma uno anche a lungo termine, aumentando nella donna il rischio di incidenza di patologie autoimmuni.

Sorge spontanea una domanda: chi tra uomo e donna è più suscettibile allo stress? È solo una condizione biologica, è solo un’influenza ambientale o entrambe?

La Medicina di Genere studia l’influenza delle differenze biologiche definite dal sesso e le differenze socio-economiche e culturali definite dal genere sullo stato di salute della malattia di ogni persona. Molte malattie comuni a uomini e donne presentano differenze nell’incidenza, nei sintomi, nella gravità, nella risposta alle terapie, nelle reazioni avverse ai farmaci e ovviamente nella sopravvivenza. L’esposizione del feto agli ormoni sessuali, estrogeni o androgeni, già a partire dalla settima settimana di vita intrauterina, comporta non solo differenti apparati genitali e caratteri sessuali secondari, ma anche una dotazione di pattern enzimatici, di potenzialità cognitive e comportamentali e di una modalità di risposta del sistema dello stress e del sistema immunitario che in parte differisce. Come mai? La risposta la troviamo in una base neurobiologica differente: il 48% delle donne soffre di stress, il 43% di depressione, il 39% di ansia, il 34% di insonnia e il 25% di solitudine; di contro il 35% degli uomini soffre lo stress, il 32% la depressione, il 25% l’ansia, il 21% l’insonnia e il 17% la solitudine.


Inoltre, per la risposta allo stress le donne fanno più rete e si curano prendendosi cura dell’altro, un comportamento che produce elevati livelli di ossitocina, l’ormone dell’amore.

In uno studio di psicologia comparata, due psicologi A.L. Heck e R.J. Handa indagano il ruolo degli ormoni sessuali sulle risposte allo stress nei topi, asserendo che: le femmine hanno tipicamente una risposta neuroendocrina più robusta allo stress acuto, come evidenziato dai loro maggiori livelli di cortisolo (ormone dello stress) e corticotropina (ormone che stimola il rilascio degli ormoni surrenali come il cortisolo) rispetto a quelli dei maschi, in seguito all’esposizione ad una serie di fattori di stress con modalità diverse; le femmine di ratto, inoltre, hanno dimostrato di avere un ritorno ritardato ai livelli basali di corticotropina e cortisolo dopo l’esperienza di stress acuto, indicando differenze di sesso nella regolazione del feedback negativo dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene legato alla risposta allo stress. In sintesi, mentre gli androgeni spengono l’attività dell’ormone di rilascio delle corticotropine e quindi cortisolo, gli estrogeni ne stimolano l’attività, spiegando la differente risposta allo stress fra uomo e donna.


È possibile che a causa dell’improvvisa mancanza e/o difficoltà di alcune risorse e strutture di rete come il periodo di convivenza forzata, la chiusura delle scuole, la sospensione di servizi domiciliari, la consuetudine al telelavoro, le donne paghino un prezzo molto alto trasformando la capacità del multitasking in elevati livelli di stress.

In Italia, da un’indagine di “Valore D” (la prima associazione di imprese in Italia impegnate per l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva nelle organizzazioni e nel nostro Paese) emerge che già dall’inizio della pandemia una donna su tre lavorava più di prima e non riusciva, o faceva fatica, a mantenere un equilibrio tra il lavoro e la vita domestica. Il 60% del campione di donne intervistate ha ammesso di sentirsi sovraccaricato dagli impegni, ma di essere già abituato a lavorare con flessibilità di orario e spazi. Sappiamo che la convivenza forzata imposta dai lockdown e le nuove modalità operative professionali che consentono il lavoro da casa impongono alle famiglie un’organizzazione non sempre facile proprio per la condivisione di spazi, strumenti informativi e orari.


Anche la ricerca condotta lo scorso settembre 2020 dal Centro Studi della nostra Scuola Etica & Sicurezza ha messo in luce questa realtà. Solo l’11,1% delle donne ha continuato a lavorare in azienda dopo il primo lockdown, contro il 35,4% dei lavoratori. Il resto del campione femminile ha pertanto proseguito il lavoro in smart-working, sostenendo un carico di responsabilità mentale e fisica molto superiore rispetto ai compagni maschi poiché sono state principalmente le donne ad assumersi gli oneri maggiori in famiglia, aumentando il loro livello di stress percepito.

Infatti, dalla ricerca sopracitata si evidenzia che le donne che hanno convissuto in famiglia hanno avuto meno tempo per sé, hanno dedicato parte del loro tempo a seguire i figli nei compiti e maggiore tempo nelle faccende di casa. Inoltre, fattori che hanno costituito maggior fonte di stress sono stati la scuola dei figli, nei termini di preoccupazione per la didattica a distanza, e la perdita del lavoro per ben il 27% delle donne rispetto al 5,4% degli uomini. Statisticamente sono le donne ad avere gli stipendi più bassi quindi se nella coppia qualcuno è costretto a sacrificare la professione saranno presumibilmente proprio le donne. Così la faticosamente conquistata indipendenza delle donne potrebbe essere una silenziosa vittima della pandemia. Questa emergenza che ha travolto le famiglie italiane impone un necessario ripensamento dei ruoli di uomini e donne all’interno della famiglia.

In un sistema sociale con un equilibrio così fragile si rischia una regressione della parità di genere, pertanto è necessaria una nuova consapevolezza che possa far emergere nuovi equilibri dove vi sia un maggiore bilanciamento del lavoro domestico e del lavoro di cura tra uomini e donne a casa. Promuovere la parità di genere non può prescindere dallo sviluppo di una cultura aziendale che permetta alle donne di lavorare e progredire nella loro carriera senza tutti gli ostacoli che ancora ci sono e che diventano particolarmente evidenti alla nascita dei figli.


Pertanto, sarebbe opportuno sfruttare l’emergenza sanitaria per avviare opportunità di formazione, acquisizione di consapevolezza e strumenti utili per migliorare la situazione delle donne anche nelle imprese. È con questo obiettivo che la nostra Scuola promuoverà una nuova edizione di “A difendersi si impara” rivolta in termini di prevenzione, promozione e risorse di rete alle donne vittime di aggressione e violenza di genere.

Questo periodo può infatti rivelarsi anche un’opportunità per la parità di genere ovverosia per modificare gli equilibri dominanti, laddove le misure di politiche pubbliche e private siano in grado di guidare una reazione virtuosa.

I benefici della parità di genere sono inoltre strettamente collegati agli obiettivi di sviluppo sostenibile ed in particolare, lo è l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: raggiungere la parità di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze. Ma anche la riduzione della povertà, il benessere e la salute, l’istruzione di qualità, la crescita economica e l’innovazione sono obiettivi fondamentali per i quali il contributo delle donne è sempre più importante. Ripensare questi obiettivi nella fase di ripresa post-Covid non può prescindere però dal ruolo della parità di genere.


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