Responsabilità, è questa la parola che dobbiamo tenere in mente in questa delicata fase storica. Piano piano stiamo tornando a quella che riconosciamo come una “normalità” tanto attesa e cercata. Nelle prossime settimane torneremo a viaggiare, a partecipare a iniziative ed eventi pubblici, a cercare il contatto con quelle persone che la pandemia ci ha tenuto lontano per più di un anno.
Questo è un bene, ma sarà ancora meglio se accompagneremo questa ripartenza a una serie di concetti che, nell’euforia di un ritorno alla vita, rischiamo di dimenticare facilmente. Innanzitutto, la percezione del rischio non equivale al rischio in sé. Quella che noi avvertiamo come una strada sicura non è detto che non nasconda ulteriori insidie. D’altronde, l’abbiamo già sperimentato sul finire della scorsa estate, quando il virus è tornato a colpire all’improvviso dopo che sembrava sconfitto. E’ vero, a differenza di allora, oggi abbiamo il vaccino.
Attenzione, però, il vaccino non è una formula magica e far passare l’idea che, una volta vaccinato, il singolo individuo possa esporre sé stesso e gli altri al contagio, sarebbe l’ennesimo, grossolano errore comunicativo. Una corretta ed efficace campagna vaccinale non può prescindere, dunque, da un elevato livello di responsabilità, individuale e collettiva. Ed è proprio all’interno della collettività che sarà importante tessere profondi legami di collaborazione che intreccino una campagna informativa cauta e responsabile, un’analisi del rischio puntuale e approfondita, e la partecipazione attiva dei singoli, ancora una volta chiamati all’accortezza e al giudizio che questa epoca richiede.
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