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Quando l’unica certezza è l’incertezza

Siamo stati abituati a programmare le giornate, le settimane, i mesi, addirittura il futuro. Da sempre. In molti, a gennaio, iniziano a pensare all’estate, i più iniziano a progettare il periodo di studio all’estero dei propri figli, prima ancora di sapere cosa vorranno fare da grandi, decidiamo addirittura il programma per il weekend in base alle previsioni del tempo, sempre più efficienti e sempre più attendibili. E poi arriva la pandemia. E poi ci ritroviamo a desiderare semplicemente una cena al ristorante, una serata tra amici, in più di sei persone, una serata ad un concerto o al cinema, andare a danza, una riunione o un corso in presenza, e portare i ragazzi al campeggio estivo. Desideriamo poco, cose semplici, ma certe.


Si chiama emergenza e la sua prima conseguenza è l’incertezza, nella sua accezione più estesa di evento non certo, indeterminato. Nella terra di mezzo tra questi due estremi, il cambiamento improvviso e inaspettato e la discontinuità verso il futuro, c’è il concetto di rischio, l’evento incerto per definizione, e la conseguente necessità di analizzarlo e gestirlo per ridurlo. Paradossalmente può avere senso rischiare di programmare il periodo di studio all’estero del figlio se l’unica variabile è il suo desiderio di proseguire gli studi, ma se si aggiungono altre variabili come la crisi economica, la difficoltà a viaggiare e spostarsi, il pericolo sanitario, la gestione del rischio si trova improvvisamente a sconfinare nell’incertezza non calcolabile, restituendo un senso opprimente di ansia e disagio, a volte anche rabbia come conseguenza della privazione del futuro. Non avere più un futuro è ontologicamente impossibile per l’animo umano, una condizione a cui non riuscirà ad adattarsi, soprattutto quando tocca ad una generazione che ha iniziato il millennio all’insegna della catastrofe, del Millennium Bug, del temuto mille e non più mille.


Un po’ come accade per la resilienza, penso che l’unico modo possibile per gestire l’imprevedibilità sia proprio quello di abbracciarla, conoscerla, comprenderla, per poter camminare nel cambiamento ancorandosi in modo autentico a ciò che leggiamo dentro di noi. Dentro di noi leggeremo paura, senso di solitudine, ma scavando nel profondo troveremo anche le nostri doti più nascoste, la nostra dimensione più autentica e poi, finalmente, quella straordinaria forza che ci aiuterà ad alzarci. Se volessimo usare le parole di Zygmunt Bauman potremmo dire che supereremo il disagio solo quando avremo accettato che l’unica certezza sia l’incertezza.


Diversa, ma altrettanto complessa la sfida per le Organizzazioni, aziende, enti, istituzioni. Come reagire all’incertezza, all’imprevedibilità e agli scenari spesso negativi che pesano sull’economia, sulla società, sui consumi e sulle relazioni? Anche in questo caso la soluzione è quella di mettere al timone il rischio e navigare nella direzione in cui il vento riempie maggiormente le vele, senza pianificare prima se la navigazione sarà di bolina, al traverso o di poppa. Abbracciare l’incertezza per un’organizzazione significa mettere al centro le persone e dare loro gli strumenti per gestire il cambiamento e la crescita individuale e contestualmente lavorare a livello organizzativo sulla catena di comando e controllo affinché ci sia chiarezza di intenti, semplicità di comunicazione, rapidità di decisione e azione oltre che profondità di pensiero. Decisioni basate su un’attenta individuazione di rischi, basata su una metodologia unica e integrata, e sull’elaborazione di scenari possibili.


Un anno fa il paziente 0 e a stretto giro il primo DPCM, stiamo navigando a vista nella pandemia dell’incertezza che ci schiaffeggia nel nostro essere viziati e abituati al controllo delle nostre vite e di quelle degli altri. A limitare l’orizzonte la mancanza di futuro. Ci scopriamo fragili e non invincibili. Ma è proprio in questo senso del limite la nostra più grande opportunità ad essere nuovi e migliori, perché spesso la parte migliore è nascosta sotto strati di ‘noi’ non autentici, neutralizzata dai comportamenti efficienti ma non efficaci, socialmente approvati ma non sempre responsabili nei confronti di quel futuro che non è scomparso, semplicemente è nascosto al nostro sguardo.

La nostra vera sfida è affrontare la paura, prendersi per mano, fidarsi di se stessi, accogliere l’incertezza e trasformarla in potenza creativa volta disegnare la nostra “nuova normalità” partendo da visioni, sogni e futuri possibili con pazienza, coraggio e ottimismo.


Le parole: Emergenza, Cambiamento, Resilienza e Futuro


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