Chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella… “Ma son sempre quella! – la luna protesta – non sono mica un berretto da notte sulla tua testa! Viaggiando quassù faccio lume a tutti quanti, dall’India al Perù, dal Tevere al Mar Morto, e i miei raggi viaggiano senza passaporto”.
(La Luna di Kiev - Gianni Rodari, 1960)
Dall’Ucraina si susseguono i dispacci di agenzie stampa e Ong sull’uccisione e il ferimento di bambini, messaggi che arrivano nelle nostre case, spesso senza filtri, protezioni o analisi di sostegno, con il rischio di trasformarsi in ingovernabili paure. Questa guerra ci ha colti impreparati, è giunta di sorpresa, con l’abbassamento delle difese personali e familiari per l’attenuarsi della pandemia. E il bello di abitare l’Europa è proprio quello di vivere da tre generazioni fuori dalla guerra, un primato da difendere con orgoglio e determinazione. Per noi e i nostri figli la guerra non appartiene al nostro vissuto, è ormai un racconto dei nostri nonni e quindi non è un fenomeno cognitivo, e nemmeno un “fatto” normale. Ma adesso questo conflitto è qui, in maniera sconvolgente ed inammissibile e non va riportato nelle esperienze del possibile. Per me “spiegare la guerra” è un ossimoro, il verbo spiegare non concorda con il sostantivo guerra e quindi un adulto, se volesse parlare di guerra ad un bambino non dovrebbe abbandonarsi alla superficialità né banalizzarla tentando di spiegarla con un comportamento normale come un litigio tra coetanei.
Per me, nel confronto con le immagini e la realtà della guerra, l’errore di qualunque genitore può essere il fatalismo o l’accettazione della realtà o, peggio ancora, eludere il dramma: la guerra non è consentita, punto e basta. La soluzione dell’approccio educativo e formativo verso i nostri bambini e contenuta nella nostra Costituzione, è netta, lì dentro c’è un messaggio che i bambini studiano e riescono a capire: dire loro che la violenza va rifiutata, che non si può uccidere nessuno e che la guerra è l’uccisione di persone su larga scala. Tutto questo è per loro un pensiero concreto e dunque comprensibile. Ignorare o evitare l'argomento può portare i più piccoli a sentirsi persi, soli e più impauriti, il che può influire sulla loro salute e il loro benessere. È essenziale avere conversazioni aperte e oneste con i bambini per aiutarli a elaborare ciò che sta accadendo, offrendo loro un modo pratico per aiutarli.
Un bambino che ha la fortuna di vivere al di fuori di un conflitto armato può sentirsi parte della soluzione dando una mano nel creare una raccolta di generi di prima necessità o di fondi. I genitori o i care givers dovrebbero anche invogliarli ad inviare lettere ai decisori locali o creare disegni che chiedono la pace.
Così come a casa, anche a scuola è fondamentale non ignorare i sentimenti di paura e ansia che un conflitto, anche solo visto in tv, potrebbe suscitare nei bambini. Gli insegnanti e gli educatori potrebbero affrontare la discussione magari utilizzando strumenti che le bambine e i bambini conoscono molto bene, analizzare insieme le notizie e soprattutto lasciare spazio alle loro domande e ammettere le nostre difficoltà, senza fornire soluzioni affrettate, per far emergere ciò che cova nel profondo di ciascuno, con un unico denominatore: il rifiuto della violenza.
Suggerirei libri da leggere sul tema della guerra e della pace, promuovendo una riflessione sul contributo che ognuno di noi può offrire per la pacificazione. Utilizzare una storia o un libro illustrato, per parlare di un tema così delicato ai più piccoli, può essere di grande aiuto. Partire da una storia pensata e creata proprio per loro e, perché no, anche usare una storia scritta dai bambini stessi. Più che altro, dare spazio alle testimonianze dei coetanei: le storie personali hanno sempre un grande impatto sugli adulti così come sui bambini e possono servire anche a comprendere meglio la situazione, sfruttando l’empatia e l’immedesimazione. La narrazione autobiografica può essere molto utile non solo per capire le condizioni dei bambini in guerra, ma anche per conoscere i loro sogni e le loro speranze. Infatti, i bambini colpiti dalle dolorose esperienze di guerra coltivano dei sogni. Per la maggior parte sono connessi all’istruzione e al voler aiutare gli altri: quello che non è stato fatto per loro, potrebbe dare un’infanzia migliore ai piccoli di domani.
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